Polaroid, fascino e poesia senza tempo
È stato uno dei grandi affari fatti un sabato mattina in un mercatino dell’usato: una Polaroid 600 Impulse, gialla, anni ottanta, in ottime condizioni. Pagata pochissimo, l’ho trovata in una bancarella piena di cianfrusaglie, era buttata lì tra vecchi libri, spille dorate, tazze della Nutella, bomboniere in porcellana e peluches. Probabilmente era fuori uso da anni ma poco male, era comunque un bellissimo oggetto da collezione. Ho scoperto tardi che funzionava perfettamente, quando mi decisi a comprare la prima pellicola a colori con ben otto pose. A essere precisi ventidue euro per otto pose!
La prima istantanea l’ho scattata dentro il negozio di fotografia e ho aspettato almeno un quarto d’ora prima che cominciassero a venir fuori sagome e colori. Che emozione! Da lì è diventata una compagna vintage preziosa e fedele in eventi, feste e compleanni. E durante quelle serate le foto vengono puntualmente appese a uno spago con delle minuscole mollette in legno come fossero piccoli acquerelli ad asciugare.
Sono anni che con lo smartphone posso immortalare scorci e soggetti in qualsiasi momento, riuscendo a conservare la memoria (quasi) di tutto. Ma lo scatto istantaneo su pellicola ha un altro sapore, è decisamente più poetico, restituisce fotografie come fossero piccoli dipinti che incredibilmente sembrano sempre perfetti. Occhi chiusi o strane smorfie sono dettagli irrilevanti. E poi c’è tutta la gestualità con cui maneggio quella deliziosa scatola gialla, il momento in cui metto a fuoco e punto l’obbiettivo, il click con cui viene fuori il flash che mi porta indietro nel tempo, lo scatto lungo e quel rullio che dura istanti infiniti. Poi arriva quella piccola misteriosa istantanea che ha ancora tutto da svelare.